giovedì, marzo 17

Cronaca xx

Appeso, il porco rivoltava la lingua come fosse un tozzo di pane. Rideva dal naso, occlusi i polmoni, la gola, occluso il petto; raggrumato il sangue sulle gote, gli occhi coperti da mosche, le gambe emaciate dalle vene viola, i polsi gonfi, polmoni occlusi, occlusa la gola: il porco si cava i pidocchi dal cranio. Nel girargli attorno, gli altri suonavano soavi con le dita, il sole gentile cuoceva il culo dell'appeso da ore, la musica grattava la pelle morta dalle braccia, i giardini lucidi del nuovo Aprile erano bambine che sbracciando volevano l'attenzione del tempo. "quando farà buio potrai riconoscerti", il riso soffocato colava dalle labbra in un secchio sotto la sua testa: un ronzio di nasi arricciati cercava l'estro di cui eran piene le vesti dei santi, dimenando il bacino al tocco dei giovani stirava le membra in un fremito secco: il suo patibolo, senza vuoto in cui nitrire per l'ultima volta, era un sogno che non poteva permettersi. 
Là, avanti sei passi, il fumo dei vapori nella stasi, tutti si contemplavano a qualche metro, si legano le mani alla schiena chiazzando nonostante tutto la patta dei propri calzoni. "L'oscurità non giungerà prima dell'autunno", e il candore dei volti rifletteva il tepore delle nuvole.
Quel che è tempo, loro lo ebbero: erano passate notti intere da allora, tanto che sfinito il sonno, sfinito il tempo, sfinito il male si misero a tagliare teste fino al crepuscolo successivo, e il sole non giaceva più, ché la verità era la vita e l'ombra un inseguirsi ingenuo: terminato di ardere i corpi sulla spiaggia di Koler, il fuoco rimase vivo e i santi ci danzarono attorno per anni; non c'era pioggia nemica, nè vento contrario. Tutto ciò che incontrava il fuoco della condanna, ora pulito, si faceva danza o diveniva fiamma. 

Arruolando i cretini che godevano di questa beata ignoranza, scoprirono che Koler era l'ultimo luogo che sfinì il pattume umano; ora non rimaneva che il silenzio, le ugole alate dalle ossa cave, la verginità della terra riprendeva a seguire il suo voto di castità: e niente più uragani, maremoti, incendi. Gettarsi nel fuoco non richiedeva coraggio, soltanto uno slancio, e si poteva sentire il corpo farsi nudo e incontaminato; uscendo dal rogo riprender la danza senza chiedere cosa essa sia. I santi così belavano sui tetti delle case,  nel pomeriggio si scaldavano i coglioni sulla cruda pietra e aspettarono l'esodo sudando le ore, calciando la sabbia. 

La loro ultima notte fu quando, improvvisamente spenta, trovarono sulle ceneri della fiamma un uomo purulento, tremante, malato; si muoveva a stento, strisciandosi appena e sebbene si tentò di tagliargli la testa, quando il sangue uscì in lenti grumi d'un rosso annerito si decise di legarlo per i piedi e accelerare così la sua morte, che non giunse mai. Il fuoco, divenuto uno storpio e deforme bastardo, venne chiamato porco.

La danza non smise nemmeno allora, e a testa rovescia da decenni, il taglio alla gola si chiuse spesso un dito, e il porco rideva; i santi tutti godevano la luce, l'annuvolarsi dei momenti poi dissolti,  quando la felicità era troppa uno sguardo alla bestia metteva nell'aria un moto di grazia profonda.

Ci furono bestemmie più vere, parole più dolci, le colonne dei templi furono disarcionate e con i resti si costruirono zattere da spingere al largo, negli abissi, gli altari sopra brillavano dell'oro per pochi metri, e affondavano assieme ad essi mosaici, crocefissi, aureole scarne sulla testa di qualche imbecille, dicevano, tutti quei relitti dati ai fondali potevano essere visti dalle rupi delle scogliere più alte, tanto la luce bagnava la vita.

Attorno al porco, corrosi dall'insonnia, si raccontano degli ultimi residui di memoria ridendo a bocca aperta: "e questo giovane, non potendo sopportare la sua natura e la sua gente, salì e dalla vetta si gettò, schiantandosi su di un prato. Si disse che dal suo sangue, la terra crebbe e accudì dei fiori splendidi, orchidee. E dal suo dolore che possano nascere fiori, cristo, che pensare idiota!"; ogni riso era un'amnesia che occupava un ricordo, e continuarono così fino a quando, trovatisi di fronte ad un impiccato per le caviglie e non riconoscendo in lui nulla, si schivarono tutti e ognuno prese una strada; il crepuscolo tornò a farsi debole, nessuno se ne curò. 

Uno dei santi s'assopì,  mentre distratto volava sul fondo di uno squarcio tra le colline. Un altro, incuriosito dagli uomini immobili sui fondali delle acque, incuriosito dall'oro, si spinse oltre il fiato che aveva, bevendo ampi sorsi annegò.
In breve tempo ogni santo si unì al silenzio, interrotto solo quando, il porco calata la notte di nuovo, smise il pianto dei racconti e di nuovo bello come il fuoco sposò il canto della luna, e infinitamente più della pace, conobbe l'esito della fine.